Caso Gregoretti, seconda udienza: sentiti Trenta e Toninelli, la difesa di Salvini all’attacco

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È andata in scena ieri, presso l’aula bunker di Bicocca a Catania, la seconda udienza preliminare sul caso Gregoretti, che vede sul banco degli imputati l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini.

I fatti oggetto del processo sono avvenuti tra il 25 e il 31 luglio 2019, periodo durante il quale fu impedito lo sbarco dei 131 immigrati, tratti in salvo nel Mediterraneo, e trasbordati sulla nave della Guardia Costiera “Gregoretti“. La Procura catanese, lo ricordiamo, ha chiesto l’archiviazione, e il Gup Nunzio Sarpietro, accogliendo la richiesta della difesa e delle parti civili, ha convocato quali testimoni Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Luciana Lamorgese, Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli. Il Premier, come da sue prerogative, ha chiesto di essere sentito a Palazzo Chigi, cosa che dovrebbe avvenire il prossimo 28 gennaio.

 

Le testimonianze di Trenta e Toninelli

Ieri, invece, è stato il turno degli ex ministri Trenta (difesa) e Toninelli (infrastrutture e trasporti). La prima, nel corso della sua deposizione, ha sostenuto di non aver avuto nessun coinvolgimento nella scelta di tenere gli immigrati a bordo della nave, affermando altresì che sulla “Gregoretti” sarebbero stati garantiti tutti i diritti. A domanda specifica, poi, per ben due volte ha chiarito che, se fosse stata al posto di Salvini, non avrebbe agito allo stesso modo.

Più tesa e movimentata la testimonianza di Danilo Toninelli, incalzato dalle domande di Giulia Bongiorno, anch’essa ministro del governo gialloverde, ed attuale avvocato del segretario leghista. Diversi i “non ricordo” pronunciati dal senatore pentastellato nel breve periodo in cui è stato permesso l’ingresso in aula dei giornalisti. Dalla testimonianza, che in molti hanno definito surreale, è emersa la volontà di intestare al solo Salvini le eventuali responsabilità penali di quella scelta. Alle contestazioni della difesa, che evidenziava le posizioni da lui assunte tramite note stampa e tweet, l’ex ministro ha risposto sostenendo il carattere politico e non giuridico del dibattito.

L’udienza si è conclusa con le dichiarazioni spontanee dell’imputato, il quale ha rivendicato la propria azione nei 14 mesi in cui era a capo del Viminale, inquadrandola però in una comune intesa di governo. Ed è proprio questo che la difesa vuole dimostrare, anche con un video risalente al dicembre 2019, depositato agli atti del processo, nel quale il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, pur asserendo di non ricordare un suo coinvolgimento diretto sul caso Gregoretti, ammette che la linea governativa prevedeva prima i ricollocamenti e poi lo sbarco.

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